mercoledì 14 gennaio 2015

Anch'io sarei Charlie...

Anch'io sarei Charlie, però...

Non voglio confondermi con quella parte ipocrita del mondo che difende la libertà d'espressione solo quando ci sono persone uccise per essa. La libertà d'espressione e di satira è sempre stata minacciata dai censori e lo è ancora, soprattutto in Italia. I censori sono terroristi del pensiero, e si nascondono tra noi proprio come i terroristi veri. Come riconoscerli? Facile, sono quelli che dicono "io non sono per la censura, ma..." ecco quello è un censore nascosto.

Non voglio confondermi con quelli che adesso pensano che in nome della satira si può dire tutto. Non è in nome della satira che si può dire tutto, ma è la satira che può dire tutto.
 Cioè solo la vera satira può farlo e si può capire se è vera stabilendo chi è il bersaglio di una vignetta o di una battuta. Se il bersaglio è il potere, un uomo di potere, qualcuno insomma al di sopra degli altri o almeno considerato al di sopra degli altri, allora è satira altrimenti non lo è. Se il bersaglio di una vignetta è una qualsiasi condizione umana che non sia di potere, non è satira ma sfottò fascistoide.
Un'altra variabile fondamentale è il contesto. Se un bianco americano dice "nigger" a un afroamericano è razzismo, se invece sono due afroamericani è un sfottò ironico. La differenza è enorme, la satira smette di essere satira quando viene usata dal potere: su un giornale satirico una vignetta è satira, la stessa vignetta disegnata sulla maglietta indossata da Calderoli, no.
L'arma più potente che ha il terrorismo (qualsiasi terrorismo) è l'ignoranza diffusa. Ho sentito in TV giovani francesi musulmani lamentarsi del fatto che con l'Islam si può scherzare ma se prendi in giro gli Ebrei ti condannano. La differenza è che l'Islam è una religione, gli Ebrei invece sono un popolo, sono persone. Fare una battuta contro gli Ebrei è razzismo, farla contro i Musulmani è razzismo, farla contro la religione, no.

Anch'io sarei Charlie, però... vorrei che lo fossero davvero tutti quelli che ora dicono di esserlo.






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